domenica 4 ottobre 2009

CATULLO - CARME 22

CARME 22
Suffenus iste, Vare, quem probe nosti, homo est venustus et dicax et urbanus, idemque longe plurimos facit versus. puto esse ego illi milia aut decem aut plura perscripta, nec sic ut fit in palimpsesto relata: cartae regiae, novi libri, novi umbilici, lora rubra membranae, derecta plumbo et pumice omnia aequata. haec cum legas tu, bellus ille et urbanus Suffenus unus caprimulgus aut fossor rursus videtur: tantum abhorret ac mutat. hoc quid putemus esse? qui modo scurra aut si quid hac re scitius videbatur, idem infaceto est infacetior rure, simul poemata attigit, neque idem umquam aeque est beatus ac poema cum scribit: tam gaudet in se tamque se ipse miratur. nimirum idem omnes fallimur, neque est quisquam quem non in aliqua re videre Suffenum possis. suus cuique attributus est error; sed non videmus manticae quod in tergo est.

TRADUZIONE
Codesto Suffeno, Varo, che ben conosci, è persona graziosa, garbata, cortese, inoltre fa moltissimi versi, di gran lunga. Io penso ne abbia perfezionati o diecimila o più, e non redatti così come capita in palinsesto: carte regie, nuovi libri, nuove borchie, nastri rossi di pergamena, rifiniti a piombo e tutti levigati a pomice. Quando tu li legga, quel simpatico e cortese Suffeno unico subito diventa un capraio o un villano: tanto fa schifo r cambia. Che pensiamo sia questo? Chi ora sembrava un giullare o qualcosa di più bello di ciò, lo stesso è più insulso d'un insulso campagnolo, appena tocca la poesia, e proprio non è mai così felice come quando scrive una poesia: gode così tanto dentro di sé e lui stesso si ammira. Senz'altro ugualmente tutti sbagliamo, non c'è nessuno che tu non possa riconoscere in qualcosa come Suffeno. A ciascuno è assegnato un proprio difetto; ma non lo vediamo quella parte di bisaccia che è di dietro

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